Fondo patrimoniale e trust: proteggere i beni di famiglia
Il fondo patrimoniale ed il trust: come una coppia può proteggere i propri beni dai creditori e da Equitalia, sia in caso di matrimonio che di convivenza.
Il fondo patrimoniale
Il meccanismo più tradizionale e utilizzato dalle famiglie per proteggere i beni necessari a far fronte alle esigenze del nucleo è il fondo patrimoniale: con questo strumento, entrambi i coniugi o uno solo tra i due scelgono specifici beni immobili o mobili registrati e li separano dal resto dei beni familiari.
Tramite questa operazione, che si può realizzare anche per testamento, i beni del fondo e i frutti che ne derivano possono essere impiegati solo, e solo quelli, per i debiti relativi alle esigenze della famiglia: mantenimento dei coniugi e delle parti dell’unione civile (L. 76/16), mantenimento dei figli minori, conservazione dei beni del fondo stesso.
Affinché i beni siano effettivamente separati dagli altri beni del patrimonio familiare, occorre che la creazione del fondo sia annotata sull’atto di matrimonio (o sul documento, redatto dall’ufficiale di stato civile, costitutivo dell’unione civile). In questo modo i coniugi (o le parti dell’unione) possono proteggere i beni dal creditore che intende agire su questi per un debito non contratto per scopi familiari. I beni del fondo sono riservati infatti solo a tali scopi. I beni del fondo saranno impignorabili se, per esempio, i coniugi decidono di trascorrere una costosa vacanza esotica e spendere una cospicua somma: l’agenzia di viaggi, mai pagata dai coniugi, non potrà pignorare il terreno di famiglia costituito nel fondo, così come i beni del fondo non saranno aggredibili dal concessionario per ripagare l’auto di lusso acquistata dal marito imprenditore.
Meno bene, invece, quando il creditore è il fisco. Sta qui il limite del fondo patrimoniale. Per le imposte sulla casa, ad esempio, l’Agenzia delle Entrate potrà aggredire la casa, anche se confluita nel fondo: si tratta infatti di debiti tributari evidentemente connessi alle esigenze della famiglia (acquisto in proprietà della casa). L’orientamento dei Tribunali è tuttavia nel senso di permettere all’Agenzia delle Entrate di pignorare la casa familiare confluita nel fondo anche per altri debiti tributari di natura imprenditoriale o comunque allegati all’attività lavorativa svolta dai coniugi (imposte sui redditi, Irap, Iva): i debiti relativi all’impresa, infatti, si intendono comunque finalizzati al sostentamento della famiglia.
Il trust per le coppie conviventi
Come si vede, però, il fondo patrimoniale è previsto per il matrimonio e l’unione civile e non è strumento a disposizione delle coppie conviventi (qui). Lo stesso risultato le coppie conviventi possono realizzarlo tramite un trust, strumento ancora poco conosciuto ma utilissimo. Il termine inglese trust significa fiducia e nella fiducia sta, infatti, l’esistenza dell’operazione: un soggetto trasferisce propri beni ad altro soggetto perché li amministri nell’interesse dello stesso disponente. Nel nostro esempio, i conviventi possono trasferire (affidare!) a un terzo oppure affidarsi reciprocamente alcuni beni perché siano protetti dai creditori, proprio come i beni devoluti nel fondo patrimoniale. Per riprendere l’esempio, con lo strumento del trust, i beni scelti sarebbero protetti anche dai pignoramenti del Fisco. Non si presenterebbe quindi il limite visto per il fondo patrimoniale: sui beni del trust non potrebbe farsi avanti nemmeno l’Ente della riscossione per soddisfare i crediti tributari.
Lo stesso strumento del trust, peraltro, potrebbe soccorrere a seguito della crisi familiare quando una delle parti si trova obbligata al versamento di un assegno di mantenimento per i figli. Il genitore obbligato che in ipotesi non si fida (appunto!) dell’altro genitore destinatario dell’assegno e ha motivo di temere che quest’ultimo disperda il denaro destinato al mantenimento degli per altre e proprie esigenze, potrebbe affidare quel denaro a un terzo (di cui si fida!) perché a sua volta lo destini al mantenimento dei figli. Ancora, il trust può soccorrere anche quando il problema non è la fiducia tra i genitori ma l’esigenza di custodire un bene per le esigenze dei figli e preservarlo dalle richieste dei creditori.
Lo scarso utilizzo del trust deriva dal fatto che il nostro Codice Civile non lo disciplina e che occorre rifarsi a una legge estera: le parti dei nostri esempi, i conviventi o i genitori, dovrebbero allora rivolgersi a un professionista (avvocato o notaio) per scegliere quale legge estera applicare al loro trust.
Il trust assistenziale
Nel vicino futuro sarà bene cominciare a prendere dimestichezza anche con questo strumento perché il legislatore, con un colpo di coda, ce lo presenta senza tanti convenevoli e anzi ci sprona a farne uso: con la Legge 112/16 (cd. Legge “Dopo di noi”) accorda sgravi e agevolazioni fiscali a chi utilizza il trust per fini assistenziali.
Non è raro, purtroppo, che un membro della famiglia sia disabile. Gli altri familiari potranno predisporre un patrimonio per le esigenze del parente bisognoso e affidarne l’amministrazione ad altro soggetto: tale scelta lungimirante può rivelarsi molto utile per il tempo in cui verranno a mancare quei familiari che quotidianamente assistono il malato. È bene sapere, quindi, che dal 2016 la legge prevede una tassazione alleggerita per il ricorso al trust.
La nomina di un curatore
Nella logica del “dopo di noi”, è percorribile anche un’altra strada, simile al trust: la nomina di un curatore. Questo è un soggetto che, nominato tramite il testamento o la donazione, si sostituisce ai genitori del minore nella gestione dei beni lasciati in eredità o donati al minore stesso. Il caso ipotizzato, in sostanza, è quello del testatore o del donante che vuol essere certo che i genitori, amministratori per legge dei beni del minore, non li disperdano: per realizzare questo scopo, quindi, estromette i genitori e vi sostituisce un’altra persona di fiducia, il curatore.
Questi sono solo alcuni degli strumenti che permettono alla famiglia (sorta dal matrimonio, convivente, unita civilmente) di proteggere i propri beni e di perseguire interessi di protezione di soggetti deboli. La tutela della famiglia, quindi, non è solo dichiarata con parole vuote ma può concretizzarsi con il sapiente utilizzo dei mezzi messi a disposizione dall’ordinamento. Occorre però conoscere gli strumenti e, in questo passaggio preliminare, è opportuno coinvolgere un professionista competente.