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Crisi di coppia, comodato, restituzione

Crisi di coppia: il genitore non può riprendersi la casa

La crisi della coppia non impone di restituire l’immobile avuto in comodato al suo proprietario.


Il contratto di comodato (o prestito d’uso gratuito) è una delle forme contrattuali più diffuse nella prassi.
Un’applicazione tipica è quella in cui i genitori a mettono a disposizione di un figlio (e con lui del suo coniuge o convivente) un immobile di proprietà, senza chiedere in cambio alcun contributo economico. In tal caso non si configura una locazione ma, appunto, un comodato che la giurisprudenza chiama “comodato familiare”. Nella maggior parte delle ipotesi le parti non prevedono un termine di durata e preferiscono rimettere le vicende del rapporto, e anche la sua estinzione, ad accordi successivi. Questa scelta, che si spiega nel contesto familiare nel quale generalmente questo tipo di contratto si inserisce, genera incertezza sulla durata del contratto e rischia di scoraggiare il ricorso a questo strumento, che è invece una possibile soluzione al problema abitativo delle giovani coppie che si sposano o decidono di convivere.

Serve, allora, fare chiarezza. A tale scopo è utile una precisazione.

Il Codice civile conosce due tipi di comodato.

1) Il primo tipo è il comodato a termine, ipotesi nella quale il comodatario (ad esempio il figlio) è tenuto a restituire la cosa (nel nostro caso l’immobile) alla scadenza concordata o comunque quando se ne è servito in conformità al contratto. Dal canto suo il comodante (nel nostro esempio il genitore proprietario dell’abitazione) non potrà richiedere la restituzione del bene prima del termine, salvo che sopraggiunga un suo bisogno urgente e imprevisto al momento della stipula.

2) La seconda ipotesi è quella del comodato senza termine: se il termine manca e non è determinabile nemmeno in base all’uso che il comodatario può fare della cosa data, il comodante potrà esigere la restituzione immediata del bene in qualunque momento.

È evidente che tra le due ipotesi è la prima quella che meglio garantisce il comodatario (nel nostro esempio il figlio e la convivente, la giovane coppia). Nella seconda ipotesi, invece, quella del contratto senza termine definito o determinabile, il comodato è anche detto “precario” e questa definizione lascia immediatamente intendere la situazione incerta in cui si trova il comodatario.

Le domande a cui serve rispondere allora sono due:

  • Quanto dura il rapporto di comodato stipulato tra il genitore, proprietario dell’immobile, e il figlio e volto a permettere a quest’ultimo di intraprendere una convivenza o un progetto familiare?

Fino ai primi anni 2000 la posizione dei tribunali era nel senso di assegnare al comodato familiare natura “precaria”, con l’effetto però di esporre i giovani comodatari alla richiesta di restituzione immediata da parte del comandante.

Più recentemente, invece, con una maggiore attenzione per la realtà dei rapporti sociali e familiari, il comodato di un immobile destinato ad abitazione familiare si intende a termine, dove il termine è implicito nell’uso al quale la cosa è destinata. Questo significa che sull’immobile si imprime un vincolo di destinazione: l’immobile dato in comodato diviene l’habitat del nucleo familiare (già formato o in formazione), un punto di riferimento stabile. In sostanza, l’immobile risulta destinato alle esigenze abitative familiari non soltanto del comodatario ma della sua intera famiglia e fintanto che queste esigenze permangono il contratto di comodato non può essere risolto.

In altre parole, fintanto che l’immobile serve come abitazione del comodatario e/o della sua famiglia, il proprietario non potrà semplicemente chiederne la restituzione ma dovrà dimostrare il sopravvento di un suo bisogno imprevisto. Quindi, la sola intenzione di vendere l’immobile e percepire un’entrata non basterà a giustificare la richiesta di rilascio da parte del proprietario.

Da qui la risposta anche alla seconda domanda:

  • Cosa succede in caso di crisi della coppia?

La durata del contratto è implicita e il rapporto dura quanto è necessario per soddisfare le esigenze abitative della famiglia del comodatario, la crisi della coppia non è di per sé motivo di restituzione dell’immobile.

  • In caso di separazione pronunciata dal Tribunale, il provvedimento di assegnazione della casa familiare in favore di quello tra i coniugi con cui i figli convivono non determina la cessazione del rapporto di comodato: il godimento dell’immobile resta regolato in base al contratto di comodato ma il diritto si concentra sulla persona del coniuge assegnatario. Come in origine, il comodante non potrà chiedere la restituzione per il solo fatto dell’intervenuta separazione e dovrà consentire la continuazione del godimento per l’uso previsto nel contratto, cioè fintanto che sussistono le esigenze abitative della famiglia del comodatario.
  • In caso di separazione della coppia, coniugata o anche solo convivente, “di fatto”, per evitare disparità di trattamento, la conseguenza è la stessa. Poiché sussistono le stesse esigenze di protezione della prole che sussistono in caso di coppia sposata, il coniuge o il convivente del comodatario separato solo di fatto, e non legalmente, può continuare a detenere l’immobile, anche se il diretto comodatario si trasferisce altrove.

In altre parole, la crisi della coppia non estingue il comodato, che se è a uso familiare continua tra il proprietario e i familiari del comodatario che permangono nell’abitazione.

In conclusione, il comodato familiare si rivela una soluzione abitativa tutelata, perché perdura fintanto che continua la destinazione dell’immobile ad abitazione familiare e quindi le esigenze abitative non solo del comodatario in prima persona ma anche della sua famiglia.

Ciò con l’unica precisazione che la destinazione dell’immobile a casa familiare emerga dalla pattuizione. Per converso, il comodante che intenda concedere l’immobile in comodato per un tempo determinato (ad esempio fintanto che il comodatario non avrà terminato di ristrutturare altro immobile in proprietà) conserverà, ovviamente, la facoltà di precisarlo nel contratto.

Anche il caso del comodato familiare, pertanto, dimostra che il miglior strumento per tutelarsi è una regolamentazione contrattuale precisa e completa, ritagliata sul caso concreto: i nostri esperti sono a tua disposizione, chiedi un parere.

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