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Consulenze Legali Online - Avv. Barbara Tomì

Costi minimi: la battaglia continua con l’appoggio dell’Unione Europea

Segna una svolta decisiva nella questione dei costi minimi per l’autotrasporto l’ultima ordinanza pronunciata dalla Corte di Giustizia europea il 21 giugno dello scorso anno: con chiarezza granitica la Corte fa definitivamente salve le tariffe fissate dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. La censura europea resta limitata solo alle determinazioni rese da quel particolare organismo che era l’Osservatorio dell’Autotrasporto tra novembre 2011 e luglio 2012.

In altre parole, i giudici di Lussemburgo confermano in tutto l’interpretazione che la scrivente sostiene già da anni in difesa di tanti autotrasportatori italiani: non vi è alcun ostacolo all’applicazione dei costi minimi di fonte ministeriale.

Tale interpretazione aveva fatto breccia nelle aule di tribunale ancor prima dell’ordinanza europea di giugno 2016 tant’è vero che sono diverse le corti che hanno riconosciuto fondati i ricorsi promossi dagli autotrasportatori sulla base delle tariffe fissate dal Ministero.

All’origine del dibattito vi è l’ormai celebre sentenza che la Corte di Giustizia europea aveva pronunciato il 4 settembre 2014. Sollecitata con lo strumento del rinvio pregiudiziale, la Corte giudicava contraria al principio di libera concorrenza la determinazione di costi minimi per l’autotrasporto operata dall’Osservatorio costituito nel luglio 2010, in quanto quest’ultimo era organismo rappresentativo degli operatori economici e, in sostanza, associazione di imprese.

Rispetto alle tariffe ministeriali, invece, i giudici europei non sollevavano alcuna obiezione. Tuttavia, della citata sentenza sono dilagate – e tutt’ora per la rete ve n’è traccia – letture a dir poco capziose, volte a estendere la censura della Corte anche ai costi minimi determinati dal Ministero. Interpretazioni di questo genere, precipitato di inesattezze giuridiche e di forzature logiche miscelate in parti uguali, non hanno evidentemente altro scopo se non quello di contrastare e scoraggiare le azioni dei vettori, i cui interessi economici sono da sempre tenuti in minor conto rispetto a quelli, più strategicamente attraenti, dei committenti.

Si aggiunga, poi, che mentre tali fantasiose letture trovano tuttora ampia eco, ben poco spazio è accordato, nei canali di informazione giuridica, telematici e non, a interventi che illustrino correttamente l’evoluzione della giurisprudenza, nazionale ed europea, in materia. Tale disparità mediatica non pare, peraltro, frutto del caso quanto piuttosto una precisa scelta di campo, attuata con l’intento di disincentivare le più che legittime richieste degli autotrasportatori.

Qui è il nodo – e anche la soluzione – del problema. Che le prime pronunce in materia fossero negative dei diritti dei vettori, infatti, è circostanza da imputare esclusivamente a una lettura giudiziale frettolosa ed eccessiva della sentenza rilasciata dalla Corte nel settembre 2014, lettura di cui i committenti si sono immediatamente appropriati e che hanno contribuito a diffondere per rendere, nel proprio interesse, un’informazione distorta e parziale.

È inutile, tuttavia, negare l’evidenza: i tribunali hanno invertito palesemente il proprio iniziale orientamento e oggi rendono un’applicazione sempre più oculata delle parole della Corte.

Vale la pena, allora, consegnare agli interessati della materia un rapido excursus delle pronunce ottenute in favore degli autotrasportatori.

I primi a prendere posizione in favore dei vettori, ancora nel 2015, sono stati i giudici del Tribunale di Ferrara, dapprima emettendo decreti ingiuntivi a carico dei committenti e, poi, soprattutto, confermando l’efficacia esecutiva accordata alle ingiunzioni: prima il Dott. Alessandro Rizzieri, con propria ordinanza N.R.G. 1963/15 del 08 luglio 2015, poi, il Dott. Gabriele Graziani con ordinanza N.R.G. 2833/15 del 18 novembre 2015 e, soprattutto, la Dott.ssa Marianna Cocca che con le sue pronunce N.R.G. 3274/15 del 22 dicembre 2015 e N.R.G.628/16 del 15 marzo 2016 ha smentito categoricamente le stiracchiate tesi addotte in difesa della committenza per paralizzare i decreti ingiuntivi.

Il punto di partenza delle pronunce giudiziarie, ormai, è la netta distinzione tra le tariffe posto dall’Osservatorio e quelle ministeriali. Che queste ultime, in particolare, siano perfettamente azionabili è fuor di dubbio e l’ha ribadito anche il Tribunale di Siracusa, recentemente adito dalla scrivente legale. Il 6 giugno 2016, infatti, il Giudice Dott. Rizzo ha pronunciato l’ingiunzione N. 756/2016, condannando i committenti a pagare più di 150.000,00 euro ai trasportatori committenti e ciò proprio in considerazione del fatto che ad essere azionate fossero le tariffe poste dall’amministrazione nazionale.

Un dato allora emerge con chiarezza: nelle aule giudiziarie si è progressivamente fatta strada la convinzione della validità dei costi minimi ministeriali e tale convinzione riposa a sua volta sulla conferma giunta a chiare lettere dalla Corte europea con l’ordinanza del 21 giugno 2016. Significativo è già lo strumento adottato dai giudici europei: non la sentenza, ma l’ordinanza, sempre preferita laddove la Corte ritenga che la questione non ponga alcun dubbio o sia risolvibile sulla scorta della giurisprudenza emanata. La salvezza dei costi minimi posti dal Ministero, infatti, era certa sin dalla prima sentenza del 2014: si vedano a riprova le sopra citate pronunce.

L’ordinanza di giugno 2016, però, marca il passo decisivo spazzando via qualsivoglia ostacolo si pretenda di opporre alle azioni promosse dai vettori.

Nei mesi appena successivi alla pubblicazione dell’ordinanza, infatti, i magistrati hanno subito dimostrato di conformarsi al dictum della Corte di Giustizia. Nell’ottobre 2016, prima il Dott. Gentili del Tribunale di Bologna, poi, il Dott. Solarino del Tribunale di Siracusa hanno emesso le ingiunzioni rispettivamente N. 5558/16 del 5 ottobre e N. 1540/16 del 12 ottobre: le prime, si auspica, di una nuova serie di pronunce confortate dall’indiscutibile interpretazione resa in materia dalla Corte europea.

In conclusione, l’ultima ordinanza della Corte di Giustizia segna un punto chiave nella battaglia per l’applicazione dei costi minimi e sospinge i vettori un passo avanti lungo la scalata verso la piena tutela dei loro diritti, vulnerabili e troppe volte disattesi.

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