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Condominio e società fornitrice di energia: come tutelarsi?

Il giudice può dichiarare nulle le clausole di un contratto se vessatorie per i condomini.


Parliamo di condominio e consideriamo un caso realmente avvenuto e che può ripresentarsi: quello di un contratto di fornitura di servizi di riscaldamento concluso dall’amministratore per il condominio.

A fronte di un ritardo nei pagamenti, la società fornitrice notifica atto di precetto per un importo asseritamente dovuto a titolo di interessi moratori, quantificati al tasso del 9.25 % secondo una specifica clausola del contratto di fornitura.

Per svincolarsi dal preteso debito, il condominio invoca la nullità della richiamata clausola contrattuale perché vessatoria secondo la disciplina del Codice del Consumo (art. 33, co. 2). Il carattere vessatorio, infatti, sarebbe riconoscibile nel tasso di interesse eccessivamente alto e contenuto in un contratto le cui condizioni sono state stabilite unilateralmente dalla società energetica.

Il condominio, quindi, chiede al giudice di valutare l’abusività della clausola proprio come se si trattasse di un contratto concluso tra la società fornitrice e un utente consumatore quale può essere il singolo proprietario residente nel condominio.

È a questo punto della contesa che, il Tribunale di Milano, con ordinanza datata 1 aprile 2019, ha chiesto alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea se sia o meno contrario al diritto europeo qualificare il condominio come soggetto “consumatore” e considerarlo, quindi, destinatario delle specifiche tutele a quest’ultimo accordate: protezione a fronte di clausole abusive, diritto di ripensamento, riserva di foro etc. La Corte di Giustizia, con sentenza recentissima (2 aprile 2020), ha preso una decisione “pilatesca” rimettendo la valutazione agli Stati e quindi ai nostri giudici o al nostro legislatore.

In astratto, quindi, non è escluso che un giudice accordi a un condominio la qualifica di consumatore e, a fronte di un contratto sottoposto all’amministratore senza possibilità di trattativa, pronunci la nullità di una clausola ritenendola abusiva.

L’incertezza sta, però, nel fatto che, a detta della Corte di Giustizia, questa conseguenza non è né automatica né obbligata e ciò perché il condominio non è una persona fisica mentre la qualifica di consumatore è, nel diritto europeo e nel diritto interno, riservata alla persona fisica.

Del resto, per questa stessa ragione, a gennaio 2019, il Tribunale di Bergamo aveva escluso che un condominio potesse presentare un “piano del consumatore” e così superare, con il vaglio positivo di un giudice, il sovraindebitamento nel quale era incorso.

La domanda allora è: che natura ha il condominio? È una persona giuridica come una società? È la somma dei condomini proprietari esclusivi dei singoli appartamenti?

Nel dibattito in materia, il Tribunale di Milano è “schierato” con il partito di chi riconosce al condominio la natura di ente autonomo rispetto ai condomini.

Indizi in questo senso si rintracciano nel Codice Civile dopo la riforma del condominio, avvenuta nel 2012: il condominio ha un proprio patrimonio separato da quello dell’amministratore e dei singoli condomini, un proprio conto corrente, e gli atti a cui prende parte possono essere trascritti a favore o a carico del condominio stesso.

In giurisprudenza è anche in voga la definizione di condominio come “ente di gestione” che però nulla dice in concreto.

Al di là delle tesi e delle definizioni, tuttavia, non sembra che dietro il condominio scompaiano i singoli proprietari. Infatti, ponendo attenzione particolare alle dinamiche e alle insidie di un processo, se un creditore ha ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti del condominio, qualora intendesse agire verso il singolo condomino, obbligato pro quota, dovrebbe rinotificare a quest’ultimo il titolo esecutivo, unitamente al precetto (si legga qui).

Allo stesso modo, si pensi a un contratto di appalto per lavori di rifacimento di parti dell’edificio. La garanzia per vizi prevista dall’art. 1667 c.c. nei confronti dell’appaltatore è soggetta a un termine di prescrizione di un anno che decorre dalla conoscenza del vizio che ne abbia avuto l’amministratore. Non ciascuno dei condomini. Più in generale, nel contratto di appalto ad essere parte è il condominio, non il singolo condomino, tant’è vero che il contratto rimane valido ed efficace anche se, durante la sua durata, muta la compagine condominiale.

Dietro l’amministratore, quindi, emergono, puntuali, i condomini, dei quali l’amministratore è un rappresentante. E i condomini, singolarmente intesi, possono ben essere considerati “consumatori” a tutti gli effetti di legge.

Certo, si potrebbe obiettare che molto spesso l’amministratore (non condomino) è un soggetto preparato e formato per il ruolo, come richiede la legge dopo la predetta riforma del 2012, e non un consumatore poco informato. E del pari, si potrebbe affermare anche che, altrettanto spesso, i singoli appartamenti o porzioni di edificio non appartengono a persone fisiche (famiglie, individui singoli) ma a società.

Eppure, laddove nel condominio vi sia anche un solo condomino persona fisica, perché privarlo delle tutele che singolarmente potrebbe azionare sol perché rappresentato da un amministratore?

E infine, l’amministratore, per quanto preparato, davvero ha il potere di contrattare con la società fornitrice?

Non è questa la sede per risolvere un dibattito complesso ma la pronuncia europea è l’occasione per ricordare come il condominio, realtà vivissima nel mondo reale, sia figura incerta nel mondo del diritto, con il portato di incertezze giuridiche che da ciò consegue, sia per gli amministratori stessi sia per gli operatori del diritto. Un intervento legislativo che chiarisca cosa sia, giuridicamente parlando, un condominio non può più attendere.

Nel frattempo, c’è spazio per impugnare clausole contrattuali dagli effetti vessatori e… “ai posteri l’ardua sentenza”.

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